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DAL POPOLO ALLA DEMOCRAZIA
In merito al "Convegno nazionale sul tema della Democrazia da rigenerare", programmato dalla rete Costituzione, Concilio, Cittadinanza, (c3dem) il prossimo 26 novembre 2022, pubblichiamo questo intervento di Pier Giorgio Maiardi che si aggiunge alle impostazione suggerite da Lino Prenna.
Pier Giorgio Maiardi
1/10/2022
Parlare di popolo da costruire sembra una fuga dalla realtà concreta, un inutile parlare d’altro, al contrario io sono convinto che si tratti del presupposto indispensabile per una democrazia che viva e che non si deteriori nel tempo. Un popolo non è tuttavia cosa che si costruisce in un tempo determinato, si tratta piuttosto di un processo continuo nel tempo che richiede l’impegno di tutti, istituzioni, corpi sociali, persone. I legami che fanno di un insieme un popolo sono riconoscimento e accoglienza reciproci, senza discriminazione di colore, di etnia, di condizione economica e fisica, in un rapporto di solidarietà e di corresponsabilità, un rapporto pacifico e non conflittuale.Le istituzioni possono fare molto per la costruzione del popolo, tutta la linea politica e di governo devono avere questo obiettivo primario: vitale è infatti un rapporto di fiducia e di stima fra governanti e governati, una fiducia che consenta al governante di giustificare i provvedimenti assunti, anche quando gravosi per i cittadini, di riconoscere i propri eventuali errori, di suscitare nei cittadini la disponibilità a condividere gli impegni per conseguire obiettivi condivisi, è il bene comune che dobbiamo imparare a perseguire ed a condividere prima del bene individuale. Può sembrare utopia ma è facile constatare che nel deficit di queste condizioni sta la causa prima della crisi della nostra democrazia! La mia età mi ha consentito di fare una breve esperienza di una situazione sociale e politica diversa quando si poteva credere che fossimo veramente un “popolo” unito da obiettivi proposti dal governo e apparentemente condivisi dai cittadini: erano gli ideali della forza e della prevalenza sugli altri popoli e sulle altre etnie, era l’ideale di “Dio, Patria e Famiglia” che doveva accomunare tutti. Ma le tre parole, ognuna delle quali accettabile, messe insieme e assunte come caratteristica di un popolo diventano divisive e discriminatorie perché chi non crede in Dio o crede ad un Dio diverso, chi non appartiene alla nostra Patria, chi non può o non vuole fare famiglia secondo tradizione è separato, è diverso, è nemico! Ricordo i grandi manifesti raffiguranti un viso con il dito indice ritto sulla bocca e la scritta cubitale “taci il nemico ti ascolta”: questo era il clima e per me, bimbo, si trattava della normalità perché non conoscevo altro regime ma respiravo inimicizia, sospetto reciproco, anche se il comportamento di tutti era forzatamente uniforme.
La costruzione del “popolo” richiede senza dubbio una educazione dei cittadini alla vita comune e quindi l’impegno di associazioni e di chiese ma il ruolo delle istituzioni e delle strutture politiche resta primario: la presenza di partiti politici che si facciano tramite fra cittadini e governanti, che siano strumenti di formazione ed informazione politica, che creino luoghi di partecipazione e non siano, come ora, prevalentemente mezzi per consentire a persone e gruppetti di persone di prevalere sugli altri, per conquistare un potere che perde di significato quando è privo di autentici ideali ma si esaurisce nella captazione del favore dei cittadini per conquistare e mantenere il potere (populismo); un governo che tenda a creare e garantire uguaglianza fra i cittadini, riconosca e tuteli la libertà di pensiero e di tendenza di ciascuno, che non imponga regole morali che possono essere legittimamente non condivise – l’unione omosessuale “riconosciuta come coppia” può essere non condivisa ma non può essere vietata, così il divorzio, per l’aborto la questione è più delicata perché si tratta della eliminazione di un germe di vita che non può essere trattato come semplice fatto medico/meccanico ma piuttosto come evento umano, spesso drammatico, e non parlerei di riconoscimento di un diritto ma di una facoltà condizionata – un governo che si adoperi perché la vita comune sia regolata secondo giustizia e sia pacifica e non inquinata dalla violenza. Le strutture della democrazia non possono essere semplici mezzi organizzativi di governo ma piuttosto strumenti per realizzare e garantire il “governo del popolo”. Oggi quel popolo supera i confini della nazione, la globalizzazione ci ha fatto scoprire debitori e creditori gli uni degli altri anche se lontani geograficamente, il nostro destino naturale sembra quello di un unico popolo mondiale, solidale e pacifico e invece ricominciamo anacronisticamente a farci la guerra affermando il primato di uno stato sull’altro, sembriamo bimbi che giocano in un nido d’infanzia ma i nostri giochi sono terrificanti, ci facciamo del male reciprocamente, ci uccidiamo, distruggiamo la terra in cui abitiamo: un’autentica democrazia, che è governo del popolo, forse potrebbe salvarci!
Vedi le proposte di Lino Prenna