- Categoria: Democrazia e Istituzioni
- Visite: 21
Sulla ricerca di un consenso per una scelta importante
Alvaro Bucci
24/10/2024
Pubblicato sulla Gazzetta di Foligno del 20 ottobre 2024
La recente vicenda relativa all’ulteriore rinvio, l’ottavo, del voto in Parlamento per l’elezione del quindicesimo giudice della Corte Costituzionale, induce ad esprimere alcuni necessari chiarimenti in merito agli atteggiamenti perseguiti sia dalle forze della maggioranza che dalle opposizioni, tenuto conto del loro operare in un sistema democratico-istituzionale.
Come noto, secondo l’intento dell’attuale maggioranza, martedì 8 ottobre scorso, doveva essere eletto Francesco Saverio Marini, costituzionalista e consigliere giuridico della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma, nonostante il pressante invito ai parlamentari della maggioranza ad essere tutti presenti in Aula, senza ammissione di alcuna assenza, per realizzare con un blitz l’elezione, la Meloni, constatato che i tre quinti dei voti necessari per l’elezione non ci sono (si arriva a 360, mentre servirebbero 363 preferenze per raggiungere i tre quinti dei 605 parlamentari), non ha rischiato la conta in Aula, risicatissima a causa dell’Aventino compatto delle opposizioni. E’ stata quindi data l’indicazione di votare scheda bianca. Conseguente la rabbia nel centrodestra con Giovanni Donzelli, colonna portante dell’organizzazione di FdI, che se la prende con le opposizioni aventiniane: “Non possiamo tenere bloccata l’Italia perché sono divise fra di loro”, promettendo battaglia per le prossime settimane, contestando che le opposizioni pensino di bloccare le istituzioni “fino a quando la maggioranza non fa quello che dicono loro”.
Ma le opposizioni non avevano altra via per fronteggiare un atteggiamento della maggioranza sorda ad ogni forma di dialogo. La Corte costituzionale è infatti un organo di garanzia, come espressamente previsto dalla Costituzione, a salvaguardia di tutte le parti. E quindi i suoi componenti debbono poter giudicare in piena autonomia, liberi da interessi di parte. Non appare pertanto rispondere a questi principi la proposta di eleggere a membro della Consulta il consigliere giuridico della presidente del Consiglio, che peraltro ha contribuito alla stesura della proposta di legge sul Premierato. La stessa Corte sarà inoltre chiamata ad esprimersi sul ricorso delle Regioni sull’Autonomia differenziata, forzatamente approvata dalla maggioranza.
Insistere ancora da parte della Meloni per l’elezione del suo consigliere, affermando il diritto esclusivo della sua proposta, senza alcun confronto con le opposizioni, non appare una via politica eticamente corretta. Tenendo conto dell’esigenza di una moralizzazione del potere mediante la sua autolimitazione. Oggi soprattutto, considerando la ridotta rappresentatività delle forze politiche conseguente al consistente astensionismo elettorale.
Ma secondo ultimissime notizie, si farebbe strada la parola “dialogo”, specialmente tra i centristi della maggioranza. E sarebbero scesi in campo i pontieri di ogni parte per poter procedere “senza pregiudizi e preclusioni” ed arrivare ad un accordo, tenendo presente che a fine anno occorrerà eleggere altri tre giudici. Si potrebbe così votare, in accordo, il “pacchetto” dei quattro giudici, compreso Francesco Saverio Marini. Uno spiraglio di pacificazione!
Nota: Alvaro Bucci giustamente parla di “spiraglio di pacificazione” ma la elezione di Francesco Saverio Marini resterebbe comunque perlomeno inopportuna. Questa maggioranza parlamentare è convinta, e lo dichiara esplicitamente, che per il fatto di essere stata eletta dalla maggioranza degli elettori votanti, le sia consentito prendere qualsiasi provvedimento superando ogni considerazione di opportunità e addirittura di legittimità, è il caso anche della polemica con i magistrati di Roma per gli immigrati portati in Albania. In entrambi i casi i più autorevoli esponenti della maggioranza hanno lamentato che l’opposizione non ha ancora capito ed accettato che la “destra” abbia vinto le elezioni e la Presidente del Consiglio ha addirittura accusato i magistrati romani di non tenere conto della volontà espressa dal popolo.
Pier Giorgio Maiardi