PROPOSTA DI UNA RETE CATTOLICO-DEMOCRATICA ISONTINA

APPUNTI di Nicolò Fornasir

 

Premessa: guardo alla mia città di Gorizia e vedo una situazione che definisco paradossale.

Vedo tantissimi giovani (dai diciotto ai quaranta), molto seri, impegnati nello studio, nel lavoro e nella famiglia, appassionati spesso ad iniziative culturali e sociali aventi come obiettivo l’elevazione della qualità della vita (solidarietà, cura dell’ambiente, attenzione alle povertà ed emarginazioni), in gran parte ancorati per formazione all’ambiente cattolico ma non solo, attenti anche, seppure ad intermittenza, alla questione politica.

Ma sono del tutto (o quasi) privi di riferimenti condivisi e strutturati e quindi privati di qualsiasi efficacia sul piano politico e sociale.

Se si parla con loro si capisce subito della potenziale quanto grande disponibilità ad un impegno per migliorare la situazione della loro comunità anche in una dimensione più ampia di quella locale, anzi con forte apertura sia sul piano nazionale (questione meridionale ed immigrazione in primo piano) sia su quello internazionale, nella quale trova una attenzione particolare la questione europea che tutti sentono come fattore affascinante di superamento di confini e barriere, di qualsiasi natura.

Ma non hanno strumenti per inserirsi nel “sistema” per dare il loro contributo di intelligenza, di capacità, di altruismo.

Non trovo il loro sfiducia nel futuro ma molta incertezza, come di un obiettivo che sentono a portata di mano ma che non sanno come afferrare e governare.

Si trovano analogie di questo atteggiamento anche nelle persone mature, con la differenza invece di maggiore scoraggiamento, tra il rifiuto e l’indifferenza verso tutto e tutti, pur se si intravedono, ad esplorazione più approfondita, di una disponibilità ancora presente a considerare con attenzione la “questione morale” (possiamo anche definirla “senso dello Stato”) sulla quale poter anche considerare un impegno ma con adeguate garanzie di riuscita.

Non vogliono passare ad una ulteriore delusione e sono in genere troppo presi dalla loro condizione famigliare, lavorativa, economico-finanziaria, ma sentono il richiamo di valori e riferimenti forti e credibili: hanno forse più bisogno dei “giovani” di esempi trascinanti e progetti coinvolgenti.

Parlando di problemi concreti si riscontrano spesso ampie convergenze di giudizio (critico soprattutto) ma anche di possibili soluzioni, nei comportamenti collettivi, in iniziative specifiche sia di carattere locale che a scala superiore: si conclude spesso con la domanda, che resta sospesa, sul “perché non si può fare se è così logico?”

Nella gran parte dei soggetto che cito aleggia una fortissima critica, una sfiducia quasi pandemica, sulla classe politica: se da un lato il giudizio sul berlusconismo e sui suoi protagonisti, a cominciare dal suo leader, è secca, senza alcuna possibilità di ripensamento, quella sulla “sinistra radicale” è pure molto severa (pesa tantissimo l’esperienza dell’ultimo governo Prodi), siamo in una fase di disillusione nei confronti del PD (troppe speranze a singhiozzo), non suscita interesse né l’UDC di Casini né tantomeno Rutelli.

Anche il giudizio sulla “classe dirigente” non politica (imprenditori, banche, sindacati) non è sostanzialmente diverso, mentre sulla “Chiesa cattolica” il problema si fa complesso con evidenza di una capacità critica consapevole della distinzione tra fede e politica, delle forti differenze interne, della attualità e forza del richiamo ideale, sia del “messaggio” si dei “profeti” più autentici, di adesso e di prima.

Conoscono almeno per sentito dire alcuni cognomi: De Gasperi, Moro, anche Rossetti, La Pira, Lazzatti, alcuni perfino Scoppola, Bachelet, don Dilani e don Mazzolari; conoscono meglio il Card.Martini e leggono padre Bianchi, Carretto, Lapierre e Mancuso.

Il rapporto tra cattolici e politica, come tra cittadini e Stato?

Perché così tante persone non sentono l’opportunità – possibilità data dalla “politica”, nelle sue diverse espressioni (partiti, istituzioni pubbliche, associazioni) per dare concretezza e senso alla loro personale attenzione e disponibilità alla causa del bene comune?

Come mai tanti cattolici, anche fortemente impegnati nel volontariato sociale, culturale, sportivo, non trovano se non in misura molto limitata uno sbocco efficace alle loro capacità ed attitudini nell’impegno politico?

So bene che le risposte possono essere tante e complesse: ad una di queste credo però si possa e si debba dare un riscontro: certamente pesa l’assenza di un riferimento condiviso che possa rendere efficace un impegno nuovo o ulteriore da parte delle persone.

Quando approcci l’impegno politico scatta immediata una reazione almeno di ritrosia, anche perché tale proposta si identifica sostanzialmente con l’iscrizione o comunque l’adesione ad un partito politico; anche se il PD è il più vicino alle persone di cui sto parlando, resta problematico l’accesso e non è semplice spiegare l’opportunità offerta dalle sempre possibili aggregazioni locali (comitati di varia natura e finalità, quasi sempre a carattere difensivo e circoscritti nello spazio geografico e nel tempo).

Esistono (meglio dire resistono) realtà associative che si “mettono nel mezzo” tra Società civile ed Istituzioni – Politica, occupando lo spazio “prepolitico” che è stato e potrebbe risultare ancora il luogo privilegiato per esercitare nuovi protagonisti all’impegno sociale e politico responsabile e competente, con formazione diretta sul campo.

I nostri interlocutori ne capiscono il ruolo, apprezzano molto finalità e percorsi-esperienze compiute, ma sentono anche che sono privi dell’efficacia, della forza necessaria a produrre efficacemente risultati.

Posso parlare dell’esperienza concreta del nostro Centro Studi “sen. Antonio Rizzatti” di Gorizia e della sua rivista “Iniziativa Isontina”: molta attenzione, interesse a sapere, disponibilità a partecipare, ma riserve verso un impegno definito e stabile; credo soprattutto per la mancanza di quella “efficacia” sul piano della concretezza che fa sentire l’eventuale impegno (nelle attività, nelle tante iniziative, nell’affrontare problemi ed offrire soluzioni con impegno costante) una possibile perdita di tempo.

Sono sempre più convinto che la “molla” in grado di far scattare una diversa attenzione e disponibilità sia costituita dal vedere che quello che facciamo “qui” sia collegato con iniziative analoghe che si fanno in tante altre parti del nostro Paese e che tutto questo ha una forza in grado davvero di determinare esiti positivi e concreti.

Far parte insomma di una realtà più ampia e strutturata, capace di delineare prospettive condivise sulle questioni di più grande importanza nei diversi settori, darebbe a tanti la convinzione (che adesso manca) che davvero “vale la pena” un nuovo o rinnovato impegno, ovviamente nei limiti delle personali disponibilità, capacità, competenze.

Quante volte ci siamo detti che sarebbe stata buona cosa confrontarci sul caso Engaro e non limitarci ad esprimere, in pubblico poco ed in privato tantissimo, i nostri sentimenti verso il povero sig. Beppino da un lato e verso il signor B. per il suo “decreto salva vita”, la Lega per l’intransigente garanzia che “nessuno deve essere lasciato morire di fame o di sete” dall’altro.

Ma non abbiamo fatto niente: chi promuove un confronto serio, dove, in quale sede, senza trasformare il confronto stesso in una rissa o uno sfogatoio, o anche un semplice ed occasionale incontro tra amici e qualche faccia nuova senza seguito alcuno, senza prese di posizione, senza “farci sentire”.

 

Eppure ci sono persone, realtà, patrimoni, strumenti.

Sempre restando nel piccolo di questa città (ormai ridotta da 50.000 a 35.000 abitanti nell’arco di quarant’anni), segnalo che ha saputo essere protagonista assoluta (in Regione e nel nostro Paese, forse in Europa) del superamento del CONFINE verso l’integrazione europea grazie proprio ad una trentina di giovani “cattolico-democratici” che si sono quasi inconsapevolmente imposti quale classe dirigente tra la fine della guerra e gli anni ’60.

Venivano dalle ACLI, dalla FUCI, dal nascente sindacato, dalle Parrocchie, confluendo con entusiasmo nella Democrazia Cristiana con un progetto ben definito che proveniva da quelli tra loro che avevano conosciuto De Gasperi, che frequentavano la Cattolica, che erano in contatto con Pastore, che progressivamente facevano venire a Gorizia Pistelli, Lazzatti, Moro, De Mita e tanti altri.

Avevano un patrimonio “locale” (soprattutto in tanti sacerdoti avversati dal regime tra le due guerre) che hanno saputo rapportare a quanto stava maturando nel Paese, interpretando quella cultura politica nella realtà che stavano vivendo: una ricetta semplice, efficacissima, sempre ripetibile, ovviamente guardando alle ben diverse situazioni.

Credo che ci siano tante analogie: a Gorizia ci sono tantissime persone di buona capacità, sicuramente affidabilissime per serietà e competenza, impegnate professionalmente in campi disparati (università, banche, enti pubblici, professionisti, commercianti, artigiani, insegnanti, sindacati, volontariato sociale, rapporti internazionali in campo solidale) ma poco e male in relazione tra loro, quindi con trascurabile rapporto tra le loro personali potenzialità e le esigenze (possibilità di proposta almeno, su tanti ambiti) della nostra comunità che soffre davvero per le carenze madornali e sempre meno sopportabili di una cosiddetta “classe dirigente” assolutamente sotto il minimo livello di guardia.

Se faccio sommariamente i conti penso a non meno di cento persone “nostre” per formazione e cultura politica, distribuite tra i 20 e gli 80 anni, per il 20% iscritte al PD, al massimo un altro 10% iscritte ad altri partiti (UDC, Italia dei Valori, Sinistra variopinta), per il 70% non iscritte, in buona parte “elettori” del PD.

Alcuni hanno compiti istituzionali, alcuni ruoli in ambito associativo anche con compiti di rilievo e rappresentanza: ma complessivamente “non hanno peso”, né sul piano sociale, né tanto meno su quello politico, pur avendo “ruoli”.

Tanto bravi quanto dispersi.

Sono in piedi riviste (ad esempio come la nostra, da poco “on line”) e giornalini, esistono diverse associazioni, si sono formate aggregazioni politiche diverse in occasioni particolari (elezioni comunali, liste civiche), hanno operato per anni comitati su problematiche di grande rilievo (sanità ed ospedali): non mancano quindi strumenti, non mancano persone, sono disponibili patrimoni storico-culturali di grande rilievo.

Aggiungo la considerazione che solo nell’ultimo mese nelle nostra regione, a diverso titolo ed in diversi luoghi, sono venuti Rosy Bindi, Ciriaco De Mita, padre Sorge, Michele Nicoletti (solo per quanto sono a conoscenza io), ma credo nessuno sapesse qualcosa prima se non i diretti interessati, magari trattando argomenti simili o comunque, certamente, di interesse molto più ampio.

In estrema sintesi esiste un serio, molto serio problema dell’utilizzo delle risorse, similmente a quanto accade sotto l’aspetto agro-alimentare ed energetico: grandi risorse sprecate, mal impiegate, poco valorizzate, a fronte di un “sistema” sociale, culturale e politico che ne ha invece enorme bisogno.

 

Una proposta, almeno per provare, sperimentare, provocare una reazione.

 

Non so se la mia semplicistica analisi della situazione goriziana sia rapportabile a tante altre del nostro paese: ma se così fosse almeno in piccola parte, vorrei fare un rapido calcolo sommario (la mia deviazione professionale di ingegnere):

-                     se posso affermare di poter facilmente organizzare- coinvolgere in questa ulteriore iniziativa non meno di 100 persone, vuol dire che solo a Gorizia ce ne sono almeno il doppio che sostanzialmente rientrano nella fisionomia che ho prima descritto delle persone citate;

-                     200 persone in una città di 35.000 significa il 6%: mettiamo mediamente il 5% e lo rapportiamo a scala nazionale diventano 3,5 milioni;

-                     poi siamo realisti e ci limitiamo a dire che ne possiamo coinvolgere 2,0 milioni;

-                     2 milioni di persone che si muovono “assieme” con le caratteristiche di capacità, affidabilità, gratuità tipiche della formazione cristianamente ispirata (cosa per altro che vale anche per tantissimi non-credenti), costituiscono potenzialmente una forza rilevante;

-                     una simile forza è in grado di attrarre disponibilità ed adesioni ulteriori, convinzioni diffuse, fino a determinare una autentica “svolta” nelle vita sociale e politica del Paese.

 

Lasciamo a Beppe Grillo e a Di Pietro o altri ancora (la Gabbanelli in primo piano) il primato dell’attenzione “di massa” ai disastri morali e quindi politici nella Finanza, nei pubblici Appalti, nella Sanità, nella corruzione nell’apparato pubblico, negli sprechi di risorse naturali (la pazzia del nucleare!) ed ambientali, nel rifiuto e dileggio dei neri di pelle, nell’abbandono a se stesse delle Onlus che si dedicano al volontariato sociale ed internazionale, nel degrado delle città, dalle grandi alle piccole, sommerse dai rifiuti e dalle auto, nella scuola e nell’università lasciate ormai al confine ultimo, famiglie e povera gente senza protezioni adeguate e rapportate alla situazione sociale generale, e via dicendo?.

Dobbiamo assumere una nuova e più grande responsabilità: se “sappiamo” vuol dire che “possiamo” e se possiamo vuol dire che “dobbiamo”, come ci ricorda Paolo VI.

Lancio quindi una proposta iniziale e quindi minimale, utile almeno a “provare”: con il nostro Centro Studi (una semplice associazione che si tiene sulle spalle di pochi) e con la nostra rivista organizziamo da ora un incontro a Gorizia, della durata di alcuni giorni, in ambiente “dedicato” e peculiare sia in ambito goriziano sia in ambito culturale e politico, strutturalmente in grado di ospitare a poco prezzo fino ad un centinaio di persone.

Lo strutturiamo in forma aperta (definiamo alcune relazioni di base, alcune tavole rotonde, rendendo possibile il dibattito ampio), affrontando soprattutto il tema di fondo: la “missione” e quindi la “struttura” con tutte le sue implicazioni.

Invitiamo personalità e persone da tutte le regioni, diamo loro voce a rappresentanza, forniamo magari da subito un primo raccordo in ambito nazionale da parte di “chi ci sta”: abbiamo in tanti assistito ad iniziative analoghe dalle quali derivare utili insegnamenti (Lega Democratica, Ulivo).

Credo si indispensabile coinvolgere personalità presenti sul campo della politica attiva: Bachelet, Bindi, Letta, Nicoletti, V.Prodi; altri da ACLI, CISL, Caritas, Focsiv; posiamo chiedere almeno di partecipare a riviste autorevoli (Il Regno, Aggiornamenti sociali, Il Margine), personalità del mondo economico e produttivo, dell’università e della scuola, ecc, ecc.

 

Facciamo inizialmente capo ad alcuni più strutturati e disponibili almeno ad organizzare via mail una prima ipotesi di lavoro, per confrontarla adeguatamente per evitare di partire con il piede sbagliato; se decidiamo di partire occorre che la decisione venga presa da una quantità sufficiente di persone ed organismi che siano davvero convinti di poter fare un bel tratto di strada assieme.

Sono ben consapevole di trascurare in queste pagine argomenti decisivi, a cominciare dalle caratteristiche che può e deve avere una simile “rete”: so però sia quello che non deve essere (un nuovo partito) sia che deve occuparsi seriamente di formazione “sul campo” in ambito sociale e politico.

So infine che si deve auto-finanziarie (su questo tema siamo super-esperti) magari rapportandoci con onestà ai nostri redditi reali; che non ci servono altre riviste scritte ma solo di far funzionare meglio quello che già abbiamo; che non se serve una TV ma una organizzazione capace di “stare sul web” con costanza e professionalità.

 

NOTA FINALE:         voglio chiudere accennando brevemente ad alcuni elementi che possano “attrarre” la partecipazione a questo pur ipotetico convegno goriziano.

 

Vorremmo integrare le giornate del convegno con la descrizione “guidata” sul posto della storia recente del nostro confine, soprattutto perchè trattasi di una conquista frutto della dedizione, come detto all’inizio, dei “nostri” cattolici democratici del primo dopoguerra (anni ’40 – ’60) che già allora avevano avuto l’onore dell’appellativo “cattocomunista” condito anche da “filoslavo”: il massimo dell’ingiuria in una città che aveva duramente provato la tragedia delle deportazioni e delle foibe proprio per mano degli “slavocomunisti”.

Ma seppero appassionare una gran quantità di persone alla sfida posta dal nuovo ed innaturale confine, fino a superarlo e farlo scomparire (almeno quello “istituzionale” dei controlli di dogana e polizia).

Potremmo portarvi a vedere un paio di “foibe”, spiegarvi le principali storie del “confine”, farvi passare su di esso attraverso case, stalle e cortili poste a cavallo di due stati; parlarvi di Mitteleuropea e di Michalestedter, grande filosofo goriziano ebreo suicida a ventidue anni nel giorno della laurea a Firenze, del quale si celebra il centenario quest’anno.

Poi tutti sanno che qui si mangia e soprattutto si beve molto bene con i vini del Collio e non solo.

Ovviamente. Se si decide che è meglio per tutti organizzare il convegno in altra sede ci veniamo rimandando l’appuntamento qui ad altra data.

 

Gorizia, Gennaio 2010

 

Nicolò Fornasir